FAQ – Domande frequenti

Matrimonio

  • Un sacerdote che non abbia cittadinanza italiana può benedire un matrimonio concordatario?
    La legge dello Stato italiano non indica quali requisiti debba possedere colui che assiste a un matrimonio perché esso sia riconosciuto dall’ordinamento civile. Le disposizioni vigenti, infatti, non individuano i caratteri che deve possedere l’organo capace di esercitare la funzione specifica ma rinviano all’ordinamento canonico circa la capacità e la legittimazione del medesimo. Ciò che conta è che alle nozze assista un soggetto civilisticamente qualificabile come “ministro del culto cattolico” sulla base del diritto canonico. Per stabilire chi sia «ministro del culto», la legge suppone la qualifica confessionale: pertanto, chi ha acquisito tale qualifica per autonoma determinazione dell’autorità ecclesiastica, è tale anche per lo Stato. La valida preposizione di un soggetto a un ufficio ecclesiastico è, dunque, questione che rientra nell’ambito dell’autonomia riconosciuta dallo Stato alla Chiesa. Per lo Stato è ministro del culto cattolico quel soggetto che sia tale per la Chiesa; che, in base a autonome determinazioni dell’autorità ecclesiastica, abbia acquistato tale qualità. E, poiché il requisito della cittadinanza italiana non assume rilievo nell’assunzione dell’ordine sacro, analogamente tale requisito non assume rilievo allorché si tratta di riconoscere efficacia civile ai matrimoni canonici cui il ministro del culto abbia assistito in Italia.

 

  • Un testimone di nozze può essere straniero? 
    Affermativo! Gli unici requisiti sono l’età e la capacità di agire. Nel caso in cui il testimone straniero non conoscesse la lingua, allora ci sarebbe la necessità di un traduttore. Il traduttore può anche non essere un professionista.

 

  • Quanti possono essere i testimoni nella celebrazione di un Matrimonio concordatario?
    Secondo il Codice Civile vigente in Italia, i testimoni devono essere due (cfr. art. 107). Anche secondo il Codice di Diritto Canonico (cfr. can. 1108 – §1) devono essere due. Ciò non esclude però che ve ne possano essere in numero maggiore.

 

  • Circa le Pubblicazioni civili
    Qualora i nubendi che desiderano celebrare il matrimonio solo civile avessero già fatto richiesta di pubblicazioni presso la Casa Comunale e poi, cambiando idea, optano per il matrimonio concordatario, devono recarsi dal Parroco, farsi dare la richiesta da lui firmata e ripresentarsi al Municipio per richiedere nuovamente le pubblicazioni civili.

 

  • Il matrimonio “non concordatario”
    Il matrimonio è detto “concordatario” quando è celebrato secondo la procedura prevista dal Concordato: forma canonica e successiva trascrizione civile.
    Il matrimonio è detto “non concordatario” quando vi è la doppia celebrazione: quella religiosa secondo la forma canonica e quella civile.
    Le motivazioni  addotte dai nubendi, per richiedere la procedura non concordataria, si riconducono, generalmente, all’ordine religioso – ideologico o all’ordine pratico.
    Le prime possono essere le seguenti: uno dei nubendi, non è credente, oppure non è cattolico, e per questo non intende rinunciare alla celebrazione civile; entrambi i nubendi sono credenti, ma desiderano dare una rilevanza particolare anche alla celebrazione civile; i parenti stretti non cattolici di uno dei nubendi, hanno difficoltà a partecipare alla celebrazione nella chiesa cattolica ecc.
    Anche le seconde possono essere di vario tipo: accesso ad un finanziamento agevolato per l’acquisto della casa; ragioni connesse al lavoro; particolari situazioni di persone straniere ecc.
    La celebrazione del matrimonio “non concordatario” richiede l’autorizzazione dell’Ordinario del luogo.
    Il parroco di uno dei nubendi presenti la domanda all’Ordinario del luogo, specificando le motivazioni ed allegando eventuale documentazione comprovante la situazione dei nubendi.
    L’Ordinario del luogo valuti l’opportunità di concedere l’autorizzazione richiesta, stabilendo se il rito civile debba procedere o seguire la celebrazione del sacramento e richiedendo l’impegno dei nubendi a non iniziare la convivenza coniugale, se non dopo la celebrazione canonica.
    Nel caso vengano addotte motivazioni di ordine religioso-ideologico, si abbia una particolare comprensione nei confronti delle richieste della parte non credente o non cattolica, mentre si valuti con più rigore la richiesta qualora entrambe le parti si dichiarino cattoliche e praticanti.

 

  • Il matrimonio canonico dopo il civile
    È un matrimonio solo canonico, essendo impossibile trascriverlo al civile, in quanto le persone sono tra loro già sposate civilmente.
    È un matrimonio che richiede la licenza dell’Ordinario del luogo.
    Il Parroco che istruisce la pratica matrimoniale presenti all’Ordinario del luogo la domanda contenente:
    1. a) i motivi che hanno determinato la scelta dell’unione civile;
    b) i motivi che hanno  determinato la scelta dell’unione civile;
    c) il parere motivato dal parroco sulla preparazione religiosa  dei nubendi ;
    d) nominativi e dati di battesimo di eventuali figli.
    2. Proponga ai nubendi di aggiungere una loro personale domanda all’Ordinario  allegata alla domanda  prescritta per matrimonio canonico dopo il civile.
    3. Inserisca i richiedenti, se lo ritiene opportuno , nell’itinerario di preparazione al matrimonio comune a tutti i fidanzati.
    4. Gli incontri siano programmati da far capire ai futuri sposi la bellezza del matrimonio cristiano, la riscoperta della fede, invece che una pura “sistemazione” del loro matrimonio davanti alla Chiesa in forma sbrigativa, come se le nozze religiose fossero soltanto una cerimonia loro dovuta.
    5. In alcuni casi uno solo dei coniugi sposati civilmente chiede il matrimonio religioso, mentre l’altro non vuole rinnovare il consenso matrimoniale sposandosi in chiesa. Il parroco esamini attentamente l’eventualità di ricorrere alla domanda di sanazione in radice.
    6. Valuti l’opportunità di eseguire o no le pubblicazioni canoniche ed eventualmente chieda la dispensa all’Ordinario del luogo.  I nubendi dovranno presentare un certificato di avvenuto matrimonio civile;  il documento dovrà essere conservato nel fascicolo dell’istruttoria matrimoniale e copia di esso allegato alla domanda all’Ordinario e una loro personale domanda.  Durante la celebrazione delle nozze non si leggeranno gli articoli del Codice Civile né si trasmetterà poi l’atto di matrimonio al Comune, ma si compilerà il solo atto a registro parrocchiale dei matrimoni.
    L’Ordinario del luogo esaminata la documentazione presentata dal parroco, valuti l’opportunità di concedere la licenza.

 

  • Il matrimonio tra una persona cattolica e una persona che ha abbandonato la chiesa cattolica con atto formale
    L’abbandono della Chiesa cattolica mediante atto formale ha i seguenti elementi:
    1. atto di volontà di non appartenere più alla Chiesa cattolica;
    2. formalità del predetto atto, consistente nel compiere l’atto stesso o in iscritto o alla presenza di due testimoni.
    L’atto di volontà di non appartenere più alla Chiesa cattolica può essere  accompagnato dall’atto di adesione ad un’altra Chiesa cristiana o a un’altra religione.
    Il predetto atto non significa necessariamente abbandono della fede cristiana né significa necessariamente ostilità nei confronti della Chiesa cattolica.
    L’abbandono della Chiesa Cattolica mediante atto formale ha come conseguenza che il matrimonio di una persona che ha compiuto tale atto è da considerarsi alla maniera di un matrimonio “misto” o “interconfessionale” di cui abbiamo già spiegato i singoli casi.

 

  • Il matrimonio di persone conviventi
    Si tratta in questo caso di quei conviventi che non hanno precedenti vincoli matrimoniali e sono quindi liberi di sposarsi.
    Per tale matrimonio di per sé non è necessario alcuna licenza dell’Ordinario del luogo, ma in certi casi, può essere opportuno richiedere  il parere circa le modalità di preparazione e di celebrazione del rito.
    Le persone conviventi possono aver contratto obblighi nei confronti di precedenti eventuali conviventi o di eventuali figli nati da tali precedenti convivenze e sono quindi tenute a dare attuazione a tali obblighi.
    Il Parroco esamini innanzitutto   il motivo che ha determinato la scelta della convivenza per assumere l’atteggiamento pastorale più adeguato.
    Valuti se inserire i richiedenti nell’itinerario di preparazione al matrimonio comune a tutti i fidanzati, oppure prospettare un percorso a tutti i fidanzati, oppure prospettare un percorso più adatto, per es. alcuni incontri personalizzati, guidati dal parroco stesso o da persone esperte da lui incaricate.
    Valuti l’opportunità di chiedere anche la dispensa dalle pubblicazioni canoniche.
    Per il caso di conviventi che si preparano al sacramento del matrimonio e che non sono cresimati, di norma l’amministrazione della cresima non preceda il matrimonio.
    È evidente, tuttavia, che ci deve essere da parte dell’interessato l’impegno a ricevere la Confermazione appena possibile, a nozze avvenute.
  • Il matrimonio tra un cattolico e una persona orientale non cattolica divorziata
    ” È frequente il caso di fedeli cattolici che si presentano al loro parroco insieme al futuro sposo/a orientale non cattolico/a divorziato/a chiedendo la celebrazione del matrimonio. In questi casi, si tenga presente che la dichiarazione di stato libero rilasciata dalla competente autorità della Chiesa orientale non cattolica non coincide con una dichiarazione di nullità. Permane quindi l’impedimento di legame, fino al momento in cui il precedente matrimonio sia dichiarato nullo con sentenza esecutiva da un tribunale ecclesiastico cattolico, oppure, se ne sussistono le condizioni, sia sciolto dal Romano Pontefice per inconsumazione o in favorem fidei” (VADEMECUM PER LA PASTORALE DELLE PARROCCHIE CATTOLICHE VERSO GLI ORIENTALI NON CATTOLICI, n. 46)

 

  • Amministrazione della Confermazione a persone conviventi o sposati civilmente
    Quanti richiedono di ricevere il Sacramento della Confermazione e vivono una situazione di convivenza o hanno celebrato le nozze solo civili differiscano la celebrazione della Confermazione a dopo la celebrazione del matrimonio canonico (cfr. Conferenza Episcopale Italiana, Decreto generale sul matrimonio canonico [5 novembre 1990], n. 8).
  • Richiesta di un soggetto (ad es. avvocato) al Parroco di accedere alla documentazione riguardante la pratica matrimoniale
    I contenuti dell’Esame dei nubendi (processetto matrimoniale) e il verbale in cui essi sono oggettivati sono, come ricordato, sottoposti al segreto d’ufficio. Tale segreto obbliga colui che ha svolto l’esame e anche colui che è responsabile della conservazione del verbale dell’esame medesimo, ossia il responsabile dell’archivio, parrocchiale o diocesano,in cui esso è custodito. Tale obbligo urge nei confronti dei terzi, sia persone fisiche sia 7 istituzioni, che non siano autorizzate a venire a conoscenza di quei contenuti e in possesso di quel verbale. Sembra ragionevole pure sostenere che, per sé, il segreto d’ufficio copra le dichiarazioni rilasciate da ciascuno dei nubendi in sede di esame dei fidanzati anche in rapporto all’altra parte: ossia, che quanto detto dal fidanzato debba restare segreto per la fidanzata e viceversa. Pertanto, anche ciascuno dei due nubendi non ha titolo a conoscere quali siano state le dichiarazioni rese dall’altro in sede di esame e neppure a ottenere copia del verbale dalla quale risultino le risposte rese dall’altra parte nelcorso del suo interrogatorio. Sul tema del segreto d’ufficio, è opportuno svolgere due altre considerazioni. In primo luogo, hanno titolo a conoscere i contenuti dell’esame solo i soggetti ecclesiastici che ne siano autorizzati: certamente l’Ordinario del luogo, relativamente all’esercizio di quella funzione di vigilanza sull’attività pastorale che gli è propria; altrettanto certamente il tribunale ecclesiastico, laddove investito di una questione, per esempio matrimoniale, che renda necessaria l’acquisizione di quei documenti e informazioni. Il soggetto pubblico tenuto al segreto d’ufficio (colui che ha eseguito l’esame o che anche solo ne conserva il verbale) non ha bisogno di alcuna autorizzazione o liberazione dal segreto da parte dei diretti interessati per esibire ai soggetti ecclesiastici menzionati l’EF o per riferire di quanto detto e avvenuto in quel colloquio. Del resto, si tratta appunto di un segreto d’ufficio, imposto cioè dalla legge canonica e non già richiesto dagli interessati e, nemmeno, assimilabile a quel segreto che si connette con la prestazione di una attività libero-professionale. Per quanto riguarda un’eventuale richiesta proveniente da organismi non autorizzati o civili, ci si riferisca sempre all’Ordinario del luogo.

 

  • Valore canonico del divorzio ortodosso

    Trattasi della questione se, nel caso in cui un fedele ortodosso a cui la propria Autorità ecclesiastica avesse concesso il divorzio volesse risposarsi con un fedele cattolico e la nullità di quel suo precedente matrimonio fosse anche evidente, occorresse un processo matrimoniale per dichiarare la nullità di tale matrimonio o bastasse, per esempio, una dichiarazione del Vescovo mediante decreto amministrativo, attestando detta nullità. Pare utile presentare complessivamente alcune indicazioni per la corretta applicazione di quanto dispone il Diritto Canonico nella materia summenzionata.

    1. Innanzitutto, occorre tener presente che sono poche le Chiese orientali non cattoliche ad avere norme che prevedono la nullità del matrimonio; la maggioranza di loro, invece, hanno una disciplina non conciliabile con la dottrina della Chiesa cattolica sull’indissolubilità del matrimonio. Infatti, in esse si scioglie il vincolo matrimoniale per oikonomia, con una sentenza o un atto amministrativo.
    2. Secondo la dottrina cattolica i matrimoni misti sono retti dal diritto divino e da quello canonico. Perciò le cause attinenti ad essi competono per diritto proprio alla Chiesa o al giudice ecclesiastico (cf. cann. 1059, 1671 CIC e 780 § 1, 1357 CCEO; l’Istr. Dignitas connubii, artt. 2, 3 §§ 1 e  2, 4 § 1).
    3. Nell’ipotesi di un ortodosso divorziato che vuole sposare un cattolico, affinché possano contrarre un valido matrimonio, si esige che la parte ortodossa ottenga dai tribunali ecclesiastici cattolici la dichiarazione di nullità del matrimonio precedente, anche qualora la sua nullità sembrasse certa. In tale senso, per i singoli casi sono previste nei due Codici una delle due possibili procedure:
    a)     per dichiarare la nullità del matrimonio, come norma generale, si deve avviare il processo contenzioso-ordinario (cf. cann. 1501-1655, 1690, 1691 CIC e 1185-1342, 1375, 1376 CCEO);
    b)     se poi da un documento scritto risultasse con certezza l’esistenza di un impedimento dirimente o un difetto di forma canonica del matrimonio, si potrebbe procedere con il processo documentale (cf. cann. 1686-1688 CIC e 1372-1374 CCEO). Si noti, però, che i cann. 1686 CIC e 1372 § 1 CCEO non prevedono l’ipotesi che un vizio di consenso possa risultare da un documento, perciò in tali casi occorrerà seguire il processo contenzioso-ordinario per dichiarare la nullità matrimoniale.
    4. Se emerge che, nel contrarre il matrimonio, i due ortodossi non abbiano osservato la forma canonica prescritta dal loro diritto, è sufficiente dimostrare nell’istruttoria prematrimoniale il loro stato libero (cf. cann. 784, 1372 § 2 CCEO e l’Istr. Dignitas connubii, art. 5 § 3). Se, invece, c’è qualche dubbio sulla loro impossibilità a accedere al sacerdote senza grave incomodo,[3] allora si dovrà procedere nel modo indicato al n° 3.
    5. Se, poi, risulta che il loro matrimonio non sia stato mai consumato, si devono osservare le norme sul processo del matrimonio rato e non consumato,[4] per il quale è competente il Tribunale della Rota Romana[5] e la relativa dispensa viene concessa dal Romano Pontefice.
    6. Il caso di un ortodosso che ha ricevuto dall’autorità della propria Chiesa una vera e propria dichiarazione di nullità del matrimonio e vuole sposare un cattolico, richiede un approccio differente. Affinché tali dichiarazioni siano riconosciute dalla Chiesa cattolica, occorre che siano accertate mediante una procedura giudiziaria canonica per assicurare che il diritto divino non sia stato leso (cf. can. 781, 1° CCEO e l’Istr. Dignitas connubii, art. 4 § 1, 1°). In tale senso, secondo le norme dei due Codici, ci sono due possibili modi di procedere:
    a)     il Tribunale di appello cattolico, dopo aver considerato la questione nella prospettiva appena indicata, deve decidere se sia sufficiente confermare con decreto la sentenza emanata dall’autorità ortodossa o, se necessario, ammettere la causa all’esame ordinario del secondo grado di giudizio (cf. cann. 1682 § 2 CIC e 1368 § 2 CCEO);
    b)     il giudice di secondo grado di giudizio, nel processo documentale, deve decidere se confermare la sentenza o rimandare la causa alla procedura ordinaria, cioè al tribunale di primo grado (cf. cann. 1688 CIC e 1374 CCEO).
    Ad ogni modo, se, anziché di una dichiarazione di nullità, si trattasse di un mero atto di divorzio emanato dall’autorità ortodossa, si dovrà procedere nel modo indicato al n° 3.