S. Felice presbitero

Il Kalendarium del Breviarium di Romualdo II Guarna (custodito nel Museo Diocesano di Salerno), in data IX kal. martii (21 febbraio) ricorda la memoria Sancti Felicis presbyteri et martyris salernitani, segnando la sua festa a caratteri rossi “non ritenendo necessario precisare ancora una volta

Il compilatore del Proprium Salernitanum, approvato nel 1596 da Mons. Bolognini, giudicò il testo della leggenda di S. Felice Salernitano (contenuto sempre nel Breviarium di Romualdo II Guarna) non attendibile, in quanto a storicità, perché la leggenda ripeteva parte di quanto il Medioevo credette di un santo omonimo romano, martirizzato con S. Adaucto. L’autore, dunque, credette che le reliquie a cui si riferiva Romualdo II fossero del S. Felice romano, ( il cui corpo invece è sepolto in Roma nel Cimitero di Commodilla sulla via Ostiense): fissò pertanto la festa al 30 agosto, come nel martirologio romano, e lo disse sepolto sotto l’altare maggiore della Basilica.

Inoltre nel racconto del martirio dei SS. Fortunato, Ante e Gaio hanno una parte notevole due martiri: Felice ed Adaucto. Si comprende dunque perché il compilatore del Proprium confuse il S. Felice di Salerno con quello di Roma.

Così del santo salernitano si spense ogni ricordo perché si credette che le reliquie nascoste fossero di S. Felice martire romano.

L’equivoco è stato rafforzato proprio dall’espressione che leggiamo nel Proprium : “in altari maiore superioris Basilicae salernitanae reconditum requiescit” (“Riposa sotto l’altare maggiore della Basilica superiore”) che voleva interpretare la più precisa segnalazione del Breviarium di Romualdo II “”. In realtà “in altari magno” (“sotto l’altare maggiore”) è l’espressione con cui si intende l’altare dove sono custodite le reliquie dei santi patroni,  cioè l’altare della cripta che si trova al di sotto della pianta del transetto.

Nel 1950 Mons. Moscato decise di rimuovere il pesante altare barocco, che dal centro del transetto si spingeva fino all’abside e aveva provocato una lunga lesione nella volta della Cripta. Smontato l’altare fu rinvenuta un’urna di alabastro contenente del terreno in cui erano infisse quattro fialette, che facevano corona al medaglione di Romualdo II (custodito oggi nel Museo diocesano).

Si pensò che quelle fialette conservassero le poche reliquie superstiti dei santi romani Felice e Adaucto: così l’urna fu riposta nel nuovo altare.

Mons. Carucci non si arrese e continuò a studiare la leggenda del Santo Salernitano, la cui esistenza era stata già segnalata dal Chronicon Salernitanum. La dizione del Breviariumcuius corpus requiescit in altari magno superiori” ( “il cui corpo riposa sovrastante l’altare maggiore”) indicava con precisione il luogo della sepoltura: l’amanuense non doveva precisare che l’altare maggiore era nella cripta, essendo noto che in quell’altare erano sepolti i SS. Martiri della chiesa salernitana.

Mons. Carucci cercò di convincere l’arcivescovo Moscato della sua tesi e fu sentito in merito anche il parere del Capitolo. Tuttavia non si volle interrompere una tradizione liturgica. Così nella nuova edizione degli Officia Sanctorum Ecclesiae Salernitanae del 1954, nella lectio del 30 Agosto, si leggeva : “Corpus Sancti Felicis martyris in altare magno superioris basilicae requiescit”. Dunque il Santo non era detto presbitero e neppure salernitano! (Si confondeva ancora con il S. Felice romano)

Nel 1957 Moscato decise di spostare l’altare dei Ss. Martiri dall’arco trionfale in fondo all’abside. L’altare era sovrapposto alla tomba dei Martiri: durante la ricognizione delle reliquie ci fu la sorpresa. La lunga iscrizione latina del 1081 annoverava insieme a Gaio, Ante e Fortunato anche S. Felice. Gran parte della tomba era occupata da una rudimentale sepoltura dei martiri laici, mentre sul lato sinistro una splendida urna strigilata di alabastro accoglieva i resti mortali di S. Felice salernitano.

Il santo sacerdote salernitano fu però ancora per anni dimenticato dalla liturgia.

Nel novembre del 1975 Mons. Pollio mandò a Roma una Commissione (di cui fece parte anche Mons. Carucci) per definire la composizione del calendario ecclesiastico della nostra Diocesi, dopo le riforme del Concilio Vaticano II. Fu preso in esame anche il testo della legenda di S. Felice e finalmente il culto del Santo presbitero e martire salernitano ebbe il riconoscimento ufficiale dalla Congregazione per il Culto Divino. Mons. Carucci ebbe il privilegio di scegliere il giorno della memoria del santo () e dettò il testo della “Colletta” su richiesta di Mons. Pollio, che volle donargli una reliquia.

La Basilichetta in Felline, titolata al S. Felice salernitano, fu fatta parrocchia.

Le parrocchie di Montoro e di Pastorano, invece, da secoli avevano assunto quale titolare il S. Felice, presbitero e martire di Cimitile (fu ritenuto, infatti, che il titolare fosse S. Felice di Cimitile, perché dalle catacombe di Cimitile, dove il Santo è sepolto, sono pervenute a Salerno le reliquie delle SS. Archelaide, Tecla e Susanna, custodite nella Chiesa di S. Giorgio in Salerno).

In conclusione, superando le contaminazioni tra le leggende, possiamo affermare che un salernitano presbitero, di nome Felice, fu martirizzato ai tempi di Diocleziano. Il fatto è confermato autorevolmente dall’iscrizione della lapide normanna e dalla bellezza dell’urna che ne custodiva le spoglie a significare la particolare posizione ecclesiale del santo. La chiesa salernitana celebra la memoria obbligatoria il 1 Febbraio.