Biografia dell’Arcivescovo Federico Fregoso
Nacque a Genova nel 1480. Era il figlio di Agostino, all’epoca capitano generale della Repubblica, e di Gentile da Montefeltro, figlia di Federico da Montefeltro, duca di Urbino. Suo fratello Ottaviano fu doge dal 1513 al 1515 e poi governatore di Genova per conto del re di Francia Francesco I fino al 1522. 
Dopo la morte del padre nel 1487, Federigo Fregoso si trasferì con la madre e il fratello a Urbino dove trascorse la sua giovinezza, alla corte dello zio materno, Guidobaldo da Montefeltro. Qui ricevette una formazione classica e frequentò umanisti come Pietro Bembo e Baldassarre Castiglione.

Tra il 1504 e il 1506 fu reggente del Ducato, durante la campagna militare del duca Guidubaldo da Montefeltro in appoggio a papa Giulio II.

Divenuto sacerdote intraprese la carriera ecclesiastica. Fu dapprima rettore della chiesa di san Michele a Mantova e nel 1507, su richiesta del duca Guidubaldo, fu nominato dal papa Giulio II arcivescovo di Salerno, allora sotto il dominio spagnolo. A causa delle sue simpatie per i francesi, la sua nomina non fu però riconosciuta dal re di Spagna.

Ai doveri pastorali il Fregoso alternò un’intensa attività politico militare. Dal gennaio 1509 passò alla difesa di Bologna, minacciata dalle vicende della guerra contro Venezia; quindi, nel corso del 1510, collaborò ai falliti tentativi del fratello Ottaviano di sottrarre Genova al dominio di Luigi XII re di Francia.

Nel 1510 a Genova avvennero scontri tra fazioni rivali che videro la vittoria della famiglia Adorno: anche Federigo, come il resto della famiglia, fu esiliato e si rifugiò a Roma. Tre anni più tardi, sconfitti nuovamente gli Adorno, i Fregoso tornarono a Genova, dove Ottaviano divenne doge. Federigo, divenuto suo consigliere, fu posto a capo dell’esercito. In questa posizione contrastò nuove rivolte degli Adorno.

Quando nel 1515 il doge Ottaviano decise di porre la città sotto la tutela del re di Francia Francesco I, disperando di poterla difendere, il Federico aderì lealmente alla svolta, ricevendo dal re di Francia cospicue pensioni.

Il mutamento di campo genovese irritò gli antichi alleati, cioè la Spagna, il duca di Milano e Leone X. La solida posizione del Fregoso alla corte di Roma gli permise nondimeno di superare l’ostilità del pontefice e gli valse, nell’estate 1516, il comando di una spedizione navale congiunta francese-pontificia-genovese, organizzata da papa Leone X per combattere i corsari barbareschi. Uno di questi, il Curtogoli (nome con il quale era chiamato in Europa il corsaro turco Kurtoğlu Muslihiddin Reis) aveva ripetutamente saccheggiato i centri costieri della Liguria, della Toscana, del Lazio e della Puglia e sequestrato numerose navi, depredandone i carichi e uccidendo o riducendo in schiavitù gli equipaggi.

Fregoso, al commando della flotta alleata, sorprese Curtogoli lungo le coste della Tunisia e sbarcò sull’isola di Djerba, forzando il porto di Bizerta, base dei corsari, distruggendo diverse navi, liberando numerosi schiavi cristiani e costringendo alla fuga Curtogoli, che si trasferì nel Mediterraneo orientale. Si trattò tuttavia di una vittoria solo parziale perché gli alleati cristiani dovettero ripiegare a seguito alla controffensiva ottomana. A partire dal 1515, Ottaviano Fregoso fu costretto a riconoscere il re di Francia, Francesco I, come signore di Genova; Ottaviano restò in carica come governatore.

Questa impresa ne accrebbe il prestigio in patria. Fu vicegovernatore, sostituendo spesso Ottaviano malato. La ripresa delle lotte per il predominio in Italia, seguita all’elezione imperiale di Carlo V, diede un primo scossone alla fortuna politica dei Fregoso. Infatti, nel giugno 1521, dopo la stipulazione di una lega tra il papa e l’imperatore, gli Spagnoli tentarono di sorprendere la città dal mare. Federico assunse il comando della flotta e, affrontati i nemici di fronte a Chiavari, li respinse. Come ritorsione l’arcivescovo perse, nell’agosto 1521, le rendite della diocesi salernitana, che aveva goduto a partire dal 1513.

Nel 1522 l’imperatore Carlo V assediò la città. Federigo Fregoso, che organizzava la difesa, rimase ferito nei combattimenti. Quando gli spagnoli occuparono la città, imprigionando Ottaviano, Federigo fu costretto alla fuga su una nave francese.  Dopo alterni successi legati al controllo di Genova da parte dell’impero e dei francesi, che videro protagonista il Fregoso, la riconquista della città nel 1528, per parte imperiale, di Andrea Doria, che dichiarò il bando delle antiche fazioni, deluse definitivamente le attese del Fregoso.

Tornato in Francia, il rifiuto per la vita politica prese le forme di una vera e propria conversione religiosa. Francesco I gli diede asilo come abate commendatario del monastero di St-Bénigne a Digione. Qui riprese seriamente gli studi, dedicandosi con crescente fervore all’esegesi biblica e all’approfondimento delle lingue latina, greca, ebraica. Ma seppe anche ben governare l’abbazia, in spiritualibus e in temporalibus.
Per disaccordi con i monaci, che non sopportavano la sua severità, e anche a seguito della morte della madre Fregoso nel 1529 tornò in Italia, presso la corte urbinate. Nel febbraio del 1530 partecipò a Bologna all’incoronazione del Carlo V, riuscendo probabilmente in questa occasione a riguadagnare le entrate relative alla diocesi salernitana. 

Tornato in Francia nel 1531 fu a Venezia dove fu proposto dalle autorità veneziane come mediatore tra la Repubblica e la casa d’Austria per questioni territoriali.

Rientrato per un’ultima volta nell’abbazia digionese, dal 1532 ritornò definitivamente in Italia. Da prima soggiornò presso la corte pesarese di Eleonora Gonzaga, duchessa d’Urbino, rinunciando, nel febbraio 1533, all’arcivescovato di Salerno, per assumere la guida della diocesi di Gubbio e la commenda del vicino monastero di Fonte Avellana. 
Fece quindi edificare vicino Gubbio un eremo dedicato a santa Brigida e vi si ritirò, dedicandosi non solo alle cure pastorali, ma anche alla difesa della propria giurisdizione ecclesiastica.

La fama di prelato zelante conquistata dal Fregoso ne provocò il diretto coinvolgimento nei progetti di riforma della Chiesa e della Curia romana patrocinati da Paolo III, soprattutto a partire dalla nomina di Gasparo Contarini a cardinale nel maggio 1535. Nel luglio 1536, richiamato nella Santa Sede, fu eletto membro della commissione incaricata di preparare un programma da sottoporre al futuro concilio di Mantova. Le riunioni, protrattesi per tutto l’inverno 1536-37, sfociarono nel Consilium de emendanda Ecclesia, documento dai toni aspri che richiamava la necessità di una riforma della Curia, presentato a Paolo III il 9 marzo 1537 quando il Fregoso era già rientrato in sede.

L’arcivescovo divenne uomo di punta del movimento “spirituale” e su di lui, oltre che sul Contarini, si concentravano le attese di alcune frange del mondo riformato che ritenevano ancora possibile un accordo con la Sede apostolica.

Fu creato cardinale da Papa Paolo III nel concistoro del 19 dicembre 1539, carica che aveva rifiutato tre anni prima. Il 4 febbraio 1541 ricevette il titolo di cardinale presbitero dei Santi Giovanni e Paolo.
Alla dieta di Ratisbona il legato pontificio Contarini riuscì a mediare con i protestanti un accordo sul tema della giustificazione, senza peraltro che ciò comportasse un significativo passo avanti sui punti dottrinali e politici più cari al pontefice. Ma il Collegio dei cardinali mostrò ben presto l’intenzione di sconfessare l’accordo. Il solo Fregoso si trovò a difendere, durante due convulse sedute del concistoro tenutesi il 27 e 28 maggio 1541, l’operato del legato. Così, dopo un aspro diverbio con il cardinale Dionisio Laurerio, prese congedo per tornare in diocesi. Sulla via del ritorno, a Orvieto, il Fregosio compì un’ultima visita a sua cugina, Vittoria Colonna, intrattenendola sulla situazione politico-religiosa aperta dal fallimento dei colloqui ratisbonesi. Morì pochi mesi dopo a Gubbio, l’11 novembre 1541 e fu sepolto nel duomo.