Biografia dell’Arcivescovo Marino Paglia
Nato a Sternatia (Lecce) il 12 ottobre 1781 da Giuseppe e da Lazzara Fenzella, sacerdote dal 1805, parroco della cattedrale di Otranto e vicario capitolare in sede vacante, fu presentato da Ferdinando II il 18 novembre 1834 per essere elevato ad arcivescovo di Salerno. Il 22 marzo 1835 fu nominato da Papa Gregorio XVI con la facoltà di farsi ordinare fuori Roma da un vescovo di sua scelta. Ricevette il pallio il 6 aprile dello stesso anno. Il 15 maggio poi fu nominato amministratore apostolico della Diocesi di Nusco e il 19 aprile 1836 assistente al soglio pontificio.

Nella primavera dello stesso anno iniziò la prima delle sei visite pastorali che effettuerà nel corso del suo ministero. Aveva una particolare sollecitudine per lo stato e la condotta del Clero: fra l’altro, egli auspicò che i sacerdoti celebrassero ogni giorno. Più tardi il Concilio Vaticano II raccomanderà caldamente la celebrazione quotidiana anche quando non è possibile che vi assistano i fedeli. Altra sua sollecitudine riguardò una nuova sistemazione delle parrocchie: di alcune trasferì le sedi in chiese più convenienti; altre dismembrò o soppresse unendole alle convicine per renderle più adatte alle esigenze della popolazione.

Nel 1848 monsignor Paglia salutà con soddisfazione la costituzione di Ferdinando II, come già quella di Pio IX, con un Te Deum di ringraziamento; ma, con dolore, fu costretto ad assistere al coinvolgimento di non pochi sacerdoti cittadini e diocesani negli eccessi delle passioni politiche. Il suo atteggiamento fu di grande prudenza, tuttavia non tralasciò di ricorrere a sanzioni canoniche contro quelle posizioni esasperate che creano sbandamento fra i fedeli.

L’8 ottobre 1849 ricevette in città Pio IX, in esilio nel Regno di Napoli, che dal settembre dimorava presso la reggia di Portici. Il Papa visitò la cattedrale, il Seminario, il monastero di San Giorgio e si trattenne a colazione nell’episcopio, servito dall’arcivescovo stesso.

Il 27 ottobre 1856 dispose testamentariamente dei suoi beni; fra gli altri legati, lasciò alla cattedrale tutti i suoi arredi e gli argenti per le sacre funzioni; ai suoi successori, gli arredi e i calici che si trovano nella cappella arcivescovile; al Seminario, tutti i suoi libri.
 

Morì a Lanzara il 5 settembre 1857. Lo stesso giorno il corpo fu trasportato in città e esposto nella sala dell’episcopio rivestito degli abiti pontificali. Il successivo giorno 6 si svolsero le esequie lungo le strade cittadine; il 7 fu sepolto nella cappella della Purificazione in cattedrale.