Ecco lo speciale di domenica 1 dicembre dedicato alla nostra Metropolia.
In apertura  l’editoriale dell’arcivescovo Mons. Andrea Bellandi dal titolo “La sfida di comunicare la fede” che pubblichiamo di seguito:

 

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Lo scrittore francese Georges Bernanos ebbe ad affermare che «la Chiesa cattolica ha sempre curato la liturgia e il linguaggio perché ha sempre saputo che quando si perde la battaglia delle parole si perde anche quella delle idee». La comunicazione per la Chiesa è strategica ed è connaturata con la sua stessa esistenza. La sua missione è “trasmettere” la fede creando per ogni uomo l’incontro salvifico con Gesù, un incontro che avviene all’interno di una comunità di credenti che continua, nell’oggi della contemporaneità, l’azione del Redentore.

Dunque la grande sfida della comunicazione ecclesiale, che passa attraverso i media e la loro rivoluzione ed evoluzione costante, sta nel sapiente uso dell’arte del comunicare. Diventa necessario usare i mezzi, e il linguaggio proprio di ciascuno di essi, senza che distorcano o manipolino il messaggio. In questo modo la forma diventa un tutt’uno con il contenuto e di conseguenza parte integrante del messaggio che giunge ai singoli e alle masse. Nel Messaggio del Santo Padre Francesco per la 53ma giornata mondiale delle comunicazioni sociali è tuttavia contenuto un allarme verso una comunicazione che rischia di limitarsi a creare rapporti superficiali ed esclusivamente virtuali. È il rischio dei legami deboli che trasformano la finestra sul mondo, per esempio la rete internet, in una vetrina attraverso la quale esibire il proprio egoistico narcisismo.

Si giungerebbe in tal modo alla negazione ontologica dello strumento comunicativo, l’esatto contrario per cui esso sarebbe nato. È il Papa stesso che indica come superare il rischio e trasformarlo in opportunità, la soluzione è nella capacità di comprendersi come esseri che non possono prescindere dalla comunicazione autentica. «Tale capacità di comprensione e di comunicazione tra le persone umane – scrive Francesco – ha il suo fondamento nella comunione di amore tra le Persone divine. Dio non è solitudine, ma comunione; è amore, e perciò comunicazione, perché l’amore sempre comunica, anzi comunica se stesso per incontrare l’altro. Per comunicare con noi e per comunicarsi a noi Dio si adatta al nostro linguaggio, stabilendo nella storia un vero e proprio dialogo con l’umanità ». La differenza la fa ancora una volta l’uomo creatura di Dio. Se l’uomo, il presbitero, il fedele laico catechista o impegnato in prima persona in attività di corresponsabilità ecclesiale, si comprende come la manifestazione della gloria di Dio attraverso la propria piena realizzazione umana, allora diventa comunicazione vivente e dovrà solo abitarne i luoghi tecnologici per far arrivare anche ai lontani geograficamente la testimonianza della gioia vissuta in ogni istante dell’esistenza.

Chi vive, comunica.

*Andrea Bellandi, arcivescovo