VOCCA Mons. Paolo
Deceduto il 29 Agosto 1970
NECROLOGIO
Sabato 29 agosto, lasciando l’esilio per il cielo, è andata incontro a Cristo Signore l’anima di Mons. Paolo Vocca, Protonotario Apostolico e Arcidiacono del Capitolo Metropolitano. Per ricordarne l’eletta figura pubblichiamo l’elogio funebre pronunciato in Cattedrale di Monsignor Arturo Carucci durante il solenne rito funebre celebrato da S. E. Monsignor Arcivescovo. “Una luce si è spenta sulla nostra Salerno, sulla nostra Arcidiocesi: una luce splendida, fatta di tanto calore. Ciò fa comprendere come mai la morte, sempre triste, questa volta è davvero tristissima. E il cocente rimpianto si fonde con tanta nostalgia, perché tutti noi oggi piangiamo il sacerdote modello, il maestro dotto, l’amico sincero, dal quale un palpito di umanità costantemente si diffondeva su quanti ebbero la ventura veramente felice d’incontrarlo sul cammino della vita. Ieri sera l’infinita misericordia di Dio ha chiamato al premio eterno Mons. Paolo Vocca. Oh, no! don Paolo. E sì, perché il sacerdote, il giornalista, l’apostolo, il professore, l’Arcidiacono, il Protonotario Apostolico è stato sempre per tutti solamente don Paolo. Una ragione di confidenza per noi. Un titolo di merito per lui, che nella sua lunga vita seppe dare a se stesso, alla sua parola, alla sua attività quel tocco di umanità, che forse dimitizza il prete, ma lo rende veramente capace di tanto bene e di un apostolato fecondo.
Don Paolo, dunque! Nacque a Eboli, il 2 luglio 1885: la sua famiglia era modesta, una casa di lavoratori, nella quale la ricchezza più grande era la sincerità della fede cristiana. E perciò i suoi genitori videro con intima gioia il sorgere dei primi segni di vocazione sacerdotale nel loro figliuolo, che presto desiderò entrare nel Seminario di Salerno.
L’amore allo studio, la pronta intelligenza, una santa gioia della vita lo distinsero tra tutti e a tutti divenne carissimo, di tutti fu amico. Sacerdote nel 1909, fu ordinato da Mons. Valerio Laspro e don Paolo sempre nella sua vita ebbe per quell’Arcivescovo un senso di affetto profondo, una gratitudine infinita, quasi che fosse stata dovuta soltanto alla magnanimità di quel Presule la sua dignità di sacerdote del Cristo.
Giovane prete, presto il suo apostolato fu ardente in ogni campo. Erano tempi di lotta e don Paolo fu sempre là dove si doveva comunque lottare per Cristo: corrispondente del Corriere d’Italia, iniziò la sua attività di giornalista, che è durata fino agli ultimi giorni della sua vita; consigliere Comunale di Eboli, s’impose a tutti per la sua onestà e per le sue capacità amministrative; finché fu valoroso combattente durante la Prima Guerra Mondiale.
Tornato a Salerno, capì che i cattolici avevano il dovere di organizzarsi anche politicamente e, amico carissimo di don Luigi Sturzo, fondò a Salerno il Partito Popolare Italiano. Avvertì anche che i cattolici dovevano propugnare le proprie idee e arginare la lotta anticristiana di partiti politici, della massoneria e del liberalismo anticristiano. Ed eccolo fondatore della nostra Città del Piccolo Corriere, che per le sue battaglie, per gli ideali sociali cristiani che propugnava e per la difesa della libertà assunse presto una rinomanza anche in campo nazioanle. Venne poi il fascismo e il Piccolo Corriere fu soppresso, senza che don Paolo rinunziasse alla lotta e più tardi fu direttore della Voce di S. Matteo e di Crociata Nostra. MA un po’ tutti i giornali della Campania lo vollero proprio collaboratore, finché fu Vice presidente dell’Associazione della Stampa e fu insignito di Medaglia d’Oro per i suoi meriti di giornalista.
Non fu questa, però, la sola forma di apostolato. Monsignor Fortunato Farina lo volle accanto a sé, quando fondò a Salerno il famoso Circolo Cattolico, che ha preparato alla vita cristiana tanti giovani, che poi sempre lo ritennero padre, amico e confidente.
Monsignor Grasso,volle che un sacerdote così colto, così preparato, si interessasse anche della formazione del giovane Clero. Ed eccolo fin dal 1913 insegnante in Seminario a Salerno e a Loreto: un apostolato questo che continuò per lunghi anni anocra, prima al Seminario Arcivescovile e poi a quello Regionale. E si può dire che tutti i sacerdoti della nostra Arcideiocesi lo abbiamo avuto insegnante e oggi, raccolti intorno alla sua bara, piangiamo non tanto un professore, quanto un vero maestro: di cultura e di vita, di sacerdozio e di apostolato. Un merito per lui dinanzi a Dio e alla Chiesa. Un privilegio per noi. Tanta attività di bene non poteva mancare di pubblici riconoscimenti.
Monsignor Grasso, al quale don Paolo fu legato non solo da devozione filiale, ma anche di affetto profondo, lo volle presto Canonico della Cattedrale, dopo avergli dato l’opportunità di fare una breve esperienza parrocchiale a Fratte di Salerno e a Pontecagnano. Monsignor Monterisi ne ebbe una stima profonda, gli affidò incarichi, che comportavano delicatezza e senso di responsabilità e infine lo propose come Cameriere Segreto di Sua Santità. Monsignor Moscato ebbe sempre per lui un affetto, una confidenza paterna e lo elesse Arcidiacono del Capitolo primaziale e ottenne per lui la nomina a Protonotario Apostolico. L’Eccellenza Vostra ha trovato don Paolo carico di anni, di acciacchi e di meriti, ma tutti sappiamo come ne apprezzasse il giudizio e come ne gradisse gli incontri.
Ho cercato di offrire, così una rapida sintesi della vita terrena di don Paolo: avrei potuto dire molto di più; avrei dovuto dire principalmente quanti insegnamenti dà a noi la pia morte di un sacerdote.
Ho avuto presente, invece, il suggerimento del Cristo: gli uomini veggano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli. E penso che nel cuore di ognuno, unitamente al profondo rimpianto per la morte di don Paolo, ci sia ora un senso appunto di glorificazione di Dio, che tanta luce ha voluto effondere sulla nostra Arcidiocesi attraverso un suo sacerdote, che ha in certo senso precorso i tempi con la sua vita di apostolato. Infatti, il popolo oggi cerca appunto non una figura di sacerdote staccata dal mondo, ma un uomo pieno di semplicità, di bontà e di umiltà, che possa accostare sempre, in ogni occasione per ottenere da lui un momento di distensione anche umana, quando l’angustia, il dubbio e l’angoscia attanagliano il cuore. Può sembrare che la vita di don Paolo sia stata solo un susseguirsi di successi: amato da tutti e da tutti stimato. Eppure l’imparate da me, che Gesù ripetette alle turbe della Palestina, risuona ancora come un invito alla sofferenza dal Crocifisso del Golgota. Non si è cristiani, senza la partecipazione alle sofferenze di Cristo. Lo stesso apostolato diventa sterile, quando non è congiunto al dolore. Ciò vale principalmente per un sacerdote, il quale non potrà dirsi completo, senza che al sacrificio del Cristo, che egli quotidianamente rinnova sull’altare, non portasse la sua parte, non realizzasse in se stesso quanto, secondo l’insegnamento paolino, manca al sacrificio stesso del Cristo. IN don Paolo non poteva mancare, perciò, il carisma della sofferenza, affinché quanto aveva operato per la gloria di Dio non fosse privo di un elemento essenziale per rendere l’apostolato veramente fecondo. E venne la malattia. Venne l’inattività di giorni, di mesi, di anni, tanto maggiormente triste e penosa, quanto più nella vita si era stata adusati all’azione. Seppe nascondere, però la sua sofferenza con la bonomia di sempre, magari con una battuta, appena velata da un umano rimpianto, mentre con tristezza andava comparando i ricordi del passato con una realtà penosa e presente. E a noi resta solo una serena speranza: che gli Angeli abbiano raccolto una ad una le sue pene e che Dio le abbia trasformate in gioia perenne nei Cieli.